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Aborto e obiezione di coscienza; la Democrazia Cristiana esprime solidarietà ai dieci medici obiettori di Jesi

Franco Rosini 2' di lettura 16/09/2012 - La scelta dei ginecologi dell’ospedale di Jesi di esercitare il proprio diritto a non praticare aborti, e la reazione che tale scelta ha provocata, riporta il tema della soppressione dei nascituri all’attenzione delle coscienze.

Di fronte alla decisione dell’equipe medica jesina di difendere la vita del più debole fra gli esseri umani, vale a dire il nato non ancora partorito, ed alla reazione di quelle parti politiche e sindacali prontissime a strumentalizzare il fatto in nome del diritto al servizio dell’interruzione di gravidanza, è triste rilevare il silenzio di quanti si dicono a favore della vita umana e del diritto naturale delle donne a poter portare a termine la propria gravidanza anche contro le avversità di ogni genere.

Mi riferisco agli eletti politici cattolici: il loro silenzio è grave. Tanto di quelli del PDL, che opportunisticamente tacciono per la complessità dell’argomento aborto, condiviso da una parte dell’elettorato più liberale del partito, tanto degli esponenti dell’UDC e dell’area cattolica del PD. Questi ultimi due gruppi, per non aver problemi con le alleanze a sinistra sul tema dell’aborto (che rappresenta il più grande genocidio inconsapevole della storia), preferiscono ipocritamente tacere.

La Democrazia Cristiana ritiene invece che la scelta dell’obiezione può aiutare a sopperire allo storico fallimento della legge 194 - che ha resa legale l’interruzione di gravidanza, oggi facilitata dalla rapidità delle moderne tecniche d’intervento - fallendo però troppo spesso nell’aiutare le donne a risolvere i problemi che dovessero indurle ad abortire. Di fronte all’obiezione dei medici, chi fosse orientata ad interrompere la propria gravidanza potrebbe decidere di riflettere ulteriormente su questa eventualità, comunque traumatica, ed essere sostenuta meglio nel superare le situazioni di disagio.

È poi stupefacente che l’Assessore regionale alla sanità abbia subito chiesti chiarimenti sulla situazione creatasi a Jesi, e che da altre parti si siano sollevate voci di protesta con tanto di manifestazioni, mentre nessuno si sia degnato di domandare all’equipe ginecologica jesina il perché di una scelta così unanime.

I tempi cambiano; il 1978, anno della 194, è ormai lontano. La cultura dominante di allora che condizionò il varo di quella legge è fortunatamente al tramonto, mentre l’inadeguatezza della legge medesima appare ormai palese. Per i cattolici è giunto forse il momento di riaprire questo capitolo della nostra storia, senza continuare ad occultarlo dietro la falsa coscienza della convenienza politica.






Questo è un comunicato stampa pubblicato il 16-09-2012 alle 09:50 sul giornale del 17 settembre 2012 - 1456 letture

In questo articolo si parla di attualità, marche, democrazia cristiana, franco rosini

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