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La sanità regionale si eserciterà ancora in corsia o solo negli uffici?

sanità 6' di lettura 29/03/2013 - Tre le rivendicazioni puntualmente indicate dalle RSU in conferenza stampa, che hanno portato alla rottura delle relazioni sindacali, ma che sono la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso dopo mesi di tensione e contrasti praticamente su tutto.

Al centro del mirino dei sindacati oramai c’è chiaramente il contestato Piero Ciccarelli, Direttore Generale dell’Asur nonché Direttore dell’Area Vasta 2, da dopo le note vicende che hanno coinvolto il predecessore, Maurizio Bevilacqua, che invece aveva instaurato un clima collaborativo. Ma il tiro si sta alzando anche sulla classe politica che Ciccarelli ha posto al vertice con pieni poteri, rifiutando di riconoscere, come più volte richiesto, la personalità giuridica alle Aree Vaste, perché se, come dichiarato dal Presidente della Regione, Gian Mario Spacca, negli ultimi mesi si è perso tempo, ciò sarebbe accaduto, secondo i sindacati, per precise responsabilità dei tecnici, che i politici hanno designato.

Dure e forti le affermazioni dei sindacati rappresentati in conferenza stampa da Giacomo Mancinelli della Cgil, Fausto Pietrella della FSI, Fabrizio Ferrini della Uil e Alessandro Mancinelli per la Cisl: “ci stiamo impegnando nell’interesse ovviamente dei lavoratori, ma anche dei cittadini che vedono il servizio sanitario sempre più impoverito senza che ciò comporti reali risparmi perché non vengono intaccate le sacche di spreco, ed anche per i giovani che trasversalmente nei diversi partiti vorrebbero poter aprire ad un dialogo costruttivo e propositivo ma trovano la strada sbarrata nelle gerarchie da chi invece non vuole cedere il potere da gestire in maniera autonoma ed autoreferenziale” sostengono praticamente ad una voce, arrivando a paragonare l’amministrazione regionale al regime nordcoreano nei modi e nelle forme di imposizione delle scelte strategiche calate dall’alto invece che condivise con i territori e gli operatori.

Annunciate iniziative eclatanti: oltre almeno ad una grande manifestazione di protesta, la mobilitazione produrrà assemblee da condurre negli atrii delle unità operative ed azioni legali contro atti considerati illegittimi, dall’accordo disdettato con atto unilaterale sui trasferimenti del personale, al mancato riconoscimento dei residui pregressi maturati dai lavoratori, finanche a ritirar fuori il ricorso alla Corte dei Conti nei confronti della spesa per l’acquisto, con fondi europei per le aree depresse, della palazzina dirigenziale a Fabriano.

I temi sul tavolo sono tanti e più volte indicati: un piano di riorganizzazione della sanità che se davvero deve incidere sui costi reali deve seguire la logica di intervenire sugli sprechi invece che sui servizi essenziali e sui carichi di lavoro degli operatori che aumentano i rischi professionali per i pazienti e sul livello qualitativo della prestazione.

Portano esempi concreti i sindacati perché i cittadini si rendano conto della situazione presente e dell’evoluzione futura, perché abbiano coscienza del servizio sanitario che domani riceveranno a fronte dei sacrifici, anche a livello di tassazione subita, che oggi stanno affrontando e si rendano conto di come i soldi vengono usati nella sanità regionale. Elencano a titolo di esempio 5 sprechi eccellenti a cui la riforma non pone un freno: il primo è la già citata palazzina di Fabriano, costo 3,5 milioni, di cui non è nota l'attuale situazione procedurale se non che recentemente è stata deliberata la determina che stabilisce gli 11 dirigenti che dovrebbero stabilirsi nella città della carta, su cui pende il ricorso alla Corte dei Conti. Ma proseguono, con 2 milioni per la seconda eliambulanza, la cui posizione è stata individuata ancora una volta nella città del Presidente della Regione, a conferma di una visione Fabriano-centrica della sanità marchigiana. L’elicottero è considerato dai sindacati superfluo in considerazione del fatto che se la sanità funzionasse come dovrebbe ne basterebbe uno, visto che proprio uno solo è sufficiente a coprire il servizio in una regione molto più estesa come l’Emilia Romagna. L’inutilità è ribadita dal fatto che la convenzione con la Regione Umbria, con cui si cercava di giustificarne la presenza a Fabriano per coprire anche il territorio della regione vicina, non è mai stata firmata e che l’eliambulanza non ha le caratteristiche necessarie al volo notturno.

Altri milioni sono stati spesi per la sede Asur in via Caduti del lavoro in Ancona che avrebbe potuto essere dislocata in altri edifici di cui la regione già dispone. Ancora 11 milioni se ne sono andati per la realizzazione del Cup unico con gli esiti ed i risultati noti perché hanno popolato le cronache regionali. Infine altri 12 milioni stanno per essere spesi per la realizzazione del fascicolo sanitario del cittadino, la cartella clinica individuale ed informatizzata, per la quale, considerando che il 75% del lavoro è già realizzato e disponibile nella struttura attuale, si potrebbe completare, secondo le informazioni in possesso dei sindacati, con un solo milione ulteriore affidando lo sviluppo alle strutture interne. A pietra di paragone per far comprendere i rapporti dimensionali viene ricordato che mantenere a Chiaravalle la medicina costerebbe solo 400mila euro all’anno: come dire che solo con il risparmio ottenibile con la realizzazione interna del fascicolo sanitario del cittadino si potrebbe conservarla per oltre 25 anni.

Ma i particolari rivelati non finiscono qui: i sindacati denunciano la gravità della situazione che si presenterà in estate quando per obbligo di legge i lavoratori dovranno usufruire di almeno una parte delle ferie. La situazione è già in questo momento di estrema tensione, sono state accumulate centinaia di ore e ferie non godute per sostenere il livello di servizio: come si farà ad affrontare il periodo estivo visto che il personale non viene rimpiazzato? Quali e quanti servizi dovranno essere sospesi? Come ci si sta preparando?

Ancora … è corretto non attribuire ai dipendenti i residui pregressi dei fondi contrattuali precedentemente concordati per poter ottenere i risparmi necessari ad ottenere la certificazione del bilancio, unica regione in Italia a farlo, per la quale, tra l’altro, si procederà a spendere 36mila euro? I sindacati vedono in questa iniziativa più una risposta alla necessità di Ciccarelli di potersi fregiare di ciò nel proprio curriculum piuttosto che un’iniziativa utile al servizio sanitario.

Ma sono altri due, infine, gli allarmi più gravi su cui i sindacati accendono i riflettori e riguardano da vicino Jesi. Sembra che le sale operatorie del nuovo ospedale realizzate con il contributo della Fondazione Carisj partano già azzoppate dall’assenza delle centrali di sterilizzazione: significa che i ferri da utilizzare dovrebbero essere sterilizzati a Senigallia, sempre che non sia vera una voce di corridoio secondo cui anche l’unica sala di sterilizzazione nell’Area Vasta sarà portata a Fabriano, ed ogni volta trasportati a Jesi con evidenti impatti sui costi e prevedibili conseguenze in caso di emergenze di rilievo.

Infine dal 15 aprile l’Ospedale Urbani sembra che perda la disponibilità nella struttura della figura di assoluta importanza dell’anestesista rianimatore perché non è stato rinnovato il contratto attualmente in vigore che permette alla stessa figura professionale di coprire i due ospedali jesini. Alla base di questa situazione ci sarebbero non meglio precisati problemi che però, fanno notare ancora i sindacati, non si manifestano mai quando ad essere in gioco sono le duplicazioni delle funzioni amministrative: la sanità che conta sembra essere più quella che si esercita negli uffici che quella nelle corsie.






Questo è un comunicato stampa pubblicato il 29-03-2013 alle 01:21 sul giornale del 30 marzo 2013 - 1603 letture

In questo articolo si parla di sanità, attualità, paolo picci

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