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Vivere di emozioni: come trasformare una chat di classe da urticante a piacevole

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Ci si arriva impreparati a far parte di una chat di classe con il primo figlio, spesso con i migliori buoni propositi che si trasformano presto in stupore. Un interessante quanto avvincente viaggio antropologico immersi in un'intricata e curiosa giungla, fra i più disparati universi interiori.

La "chat", come il termine anglosassone evoca, nasce per chiacchierare, ma di certo non è stata creata ad hoc per farlo fra perfetti sconosciuti e forse da qui nasce il grande equivoco. C'è chi scambia la chat della classe o dello sport o peggio ancora del catechismo dei propri figli per un immediato ed improvvisato luogo d'incontro. È da tenere bene a mente, che non si sta comunicando con degli amici, che ovviamente ci siamo scelti e di cui conosciamo gusti ed interessi, ma con degli estranei. Per questo motivo, inviare tutte le benedette mattine il “buongiorno” con immagini di albe suggestive e cappuccini fumanti con il cuore sulla schiumetta, quintalate di boiate che vanno ad intasare la galleria, catene di Sant’Antonio, “fake news” girate magari dalla nipote di dodici anni, sarebbero da evitare. Esiste una sorta di bon ton anche nelle comunicazioni digitali. Per quanto possa riconoscere il buon intento che c’è di fondo, a volte si è fuori luogo, è invadenza a tutti gli effetti! Chi è dall'altra parte, (una quarantina di persone almeno), vedendo comparire un messaggio sulla chat della classe del figlio o della figlia, si aspetta di leggere una notizia inerente la vita scolastica o extrascolastica, di interesse collettivo e di attinenza al gruppo. Il rischio è che le comunicazioni significative altrimenti si perdano.

Se ci sono informazioni da inviare ad un determinato partecipante, verranno inoltrate direttamente all’interessato. Questo vale anche per i messaggi cordiali, come auguri, felicitazioni, congratulazioni, i mille volte grazie, le trombette, i cuoricini, le manine giunte, come a dire: “Ti prego, basta immondizia, perdite di tempo e di diottrie per cose inutili che portano via attimi preziosi agli amici di sempre e soprattutto ai figli, unico vero scopo iniziale, smarrito, disorientato nella fiera della banalità”.

Un passo importante che sarebbe da fare fin da subito, da parte del o della rappresentante di classe è quello di stabilire regole ben precise in merito alla chat. Per quanto riguarda eventuali compiti da farsi inviare, ad esempio in caso di assenze, si potrebbe creare una chat a parte, può sembrare impegnativa come scelta e invece vi assicuro che funziona. Sulla chat principale ci saranno solo comunicazioni, tipo bacheca, sull’altra decine di foto di pagine di diari e operazioni sbilenche da poter cestinare in toto e nell’immediato.

Nessuno di fatto è obbligato a partecipare alla chat, ma è pur vero che per chi deve girare informazioni è uno strumento molto comodo e veloce.

Le chat sembrano fatte apposta per creare malintesi, infatti, risposte brevi e secche vengono di certo lette come una mancanza di tatto, per cui, se in quel frangente non abbiamo tempo di rispondere adeguatamente, meglio rimandare ad un momento più tranquillo. Silenziare le notifiche oramai è quasi d’obbligo, altrimenti si vivrebbe con un perenne sonaglio disturbatore addosso, forviante da momenti di vita vera. Lo sanno bene i genitori di due, tre o più figli! Le buone maniere sono d’obbligo in una chat perché non si è aiutati né dalla mimica, né dal tono della voce, per cui ci si basa esclusivamente sulle parole digitate, che vanno scelte con estrema cura e tatto.

Per carità non spezzettiamo! Nell’esprimere un concetto è sufficiente un’unica comunicazione, non c’è bisogno di inviare dieci messaggi per venti parole. Questa abitudine veramente non la riesco a comprendere, eppure è molto diffusa, ma fra le tante leggerezze, di sicuro è la meno grave. Sempre che di gravità si possa parlare in merito ad una chat, ma vi garantisco per esperienza, che si può trasformare in terreno fertile per scontri e divergenze molto accese e spiacevoli. Si parte dal proporre un ramoscello di mimosa, dell’albero della vicina, da offrire alle maestre, per arrivare a risentimenti e orgogli feriti, si offre ospitalità nel proprio locale, per poi sentirsi rinfacciare che questo concedersi gratuitamente, non era altro che un’occasione per farsi pubblicità. Cose dell’altro mondo, di questo genere! Ho sentito anche di una mamma, che durante la pandemia si è permessa, ovviamente al fine di fare una gentilezza, di ritirare tutti i libri rimasti a scuola, per poi consegnarli ai rispettivi bambini rischiando addirittura di essere denunciata. Il motivo? Non si sarebbe dovuta permettere senza l’approvazione da parte di tutti.

Dietro le chat più turbolente, ci sono sempre quattro tipi di genitori: quelli che si espongono molto, per buoni fini, con l’intento di rendere piacevole e costruttiva la vita scolastica dei propri ragazzi, cercando di fare da collante, essendo propositivi anche per attività al di fuori dell’orario scolastico, poi ci sono quelli bravi solo a polemizzare e a mettere zizzania, rendendo la vita impossibile ai primi, di solito riorganizzati in sottogruppi segretissimi, sulla vaga impronta dei movimenti carbonari, con la differenza che di rivoluzionario non fanno niente, creano un proprio spazio su misura, dove potersi fomentare a vicenda, trovando ampio sfogo alle proprie frustrazioni e liberando compiaciuti le proprie distorte paturnie mentali. I più curiosi sono i “desaparecidos”, quelli che forse qualcosa leggono, credo abbiano una loro idea a riguardo, anche se non ne sono certa, ma non rispondono nemmeno sotto minaccia, neanche quando c’è da decidere in fretta su questioni importanti. Infine i migliori, una piccola nicchia, che fa finta di non comprendere la lingua. Hanno il traduttore simultaneo scaricato in otto versioni, dispositivi elettronici da migliaia di euro, comunicano con disinvoltura con tre parenti sparsi in tutto il mondo contemporaneamente in quattro lingue diverse, iscritti a tutti i social, ma il messaggio della povera rappresentante non si capisce, mai, e allora durante il periodo della dad, arrivava la telefonata alle otto di sera, ovviamente mentre eri a cena, al primo boccone che ti andava di traverso spiegando come attaccare la spina del computer alla ciabatta, consigliando di verificare che anche l’interruttore della stessa fosse acceso.

Le chat sono uno strumento utilissimo che dovrebbero agevolare il dialogo, si sono però rivelate un’arma a doppio taglio, possono trasformarsi in fonte di stress. Quando ad utilizzarle sono persone non abituate ad avere dialoghi e confronti sereni, che per punto preso, ciecamente, portano avanti una tesi, senza mostrare alcuna apertura, meglio lasciare perdere e far morire di fame la loro ostilità. Alcuni, quando li incontri in giro, a malapena hanno voce per dire “ciao”, ma poi sulla chat, forse sentendosi protetti dalle mura di casa, trovano il loro habitat prediletto per dare libero sfogo a tutte le assurdità che di persona non si sarebbero mai sognati di dire. Volevo ricordare che dopo due ore, di solito, ci si rincontra fuori dalla scuola! Di alcuni ti chiedi proprio come facciano a vivere in una società, al di fuori della chat, nel mondo vero, quello del lavoro, nelle loro ipotetiche amicizie, non ci si spiega. Sono così fragili gli equilibri, che ti chiedi come abbiano fatto a sopravvivere fino ad oggi. Le parole dette restano, feriscono, offendono e non si cestinano con la facilità con cui lo si può fare con la tastiera dello smartphone.

Un suggerimento che mi sento di dare è quello di risplendere, sempre e comunque, anche se la luce a qualcuno dà fastidio, di essere costruttivi e prepositivi a discapito di qualche volpe che non arriva all’uva, distinguetevi avendo ben chiaro il vostro obiettivo, cioè il benessere dei figli. Vi circonderete alla fine di tante belle anime, quelle attratte dalla luce, assistendo ad una sorta di autoeliminazione e nel tempo vi accorgerete anche di qualcuno che si ricrede e si lascia coinvolgere dalla bellezza e dal piacere di vivere senza pelo arruffato. A contarli bene, arrivati in quinta ti accorgi che la maggior parte, direi quasi tutte sono piacevolissime persone. Il bene alla fine vince.

Ho un gran bel ricordo della rappresentante di classe durante i cinque anni delle mie elementari, per decidere dove poter andare in gita organizzava le grigliate. Forse dovremmo tornare a fare così e lasciare le chat esclusivamente come bacheche, intanto speriamo di poterle tornare a fare le gite, nelle nostre bellissime città d’arte, a Firenze, Ravenna, Mantova, Roma, con il pullman, tutti appiccicati, a raccontare barzellette sputacchiando a turno nel microfono dell’autista, a ridere a crepapelle dall’ultima fila da cinque posti, a fare smorfie ai malcapitati automobilisti, con i nasi spiaccicati sul vetro.

Buone “chatterate” a tutti! Mi state nel cuore!



di Azzurra Filottrani






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