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Alessia Polita si racconta senza filtri: “La mia Jesi? Come un fidanzato che ami, ma lui ti tradisce”

13' di lettura 26/02/2023 - L’ex campionessa di motociclismo oggi sedia a rotelle, boccia la sua città: “Quando voglio fare shopping devo andare ad Ancona”. Il suo libro, la sfida dell’handbike e l’orologio biologico che va. “La Moto GP? Vincerà Bastianini”.

E’ la quinta essenza della jesinità, ma la “sua” Jesi la sente “come un fidanzato che ami, ma che ti tradisce”. Stiamo parlando di Alessia Polita, campionessa di motociclismo (titolo europeo femminile STK 600 nel 2005 e, sempre nella stessa categoria, titoli italiani nel 2008 e 2009) che si vide stoppare la brillante carriera da un incidente alla curva n.16 del circuito di Misano Adriatico durante le qualifiche di una gara del CIV Superstock 600, che gli provocò la perdita dell’uso degli arti inferiori. Da quel giorno di giugno 2013, sono trascorsi quasi 10 anni, ma la leonessa jesina non ha smesso di essere protagonista, diventando grazie alla sua genuina esuberanza un punto di riferimento per le persone “in sedia”, delle quali è una sorta di megafono che denuncia, grazie alla sua visibilità, le indifferenze delle Istituzioni e dei cosiddetti “normodotati”. Alessia infatti, attraverso i social network, ha aperto le porte di casa sua e del suo privato, mostrando a tutti come sono le sue giornate, le difficoltà che incontra, i suoi travagli, la sua caparbietà nel buttarsi tutto alle spalle e continuare a vincere anche nella vita. Noi di VivereJesi ci abbiamo fatto una chiacchierata a 360° al Piccolo Caffè di Jesi (“uno dei pochi posti in cui io riesco ad entrare per il corso di Jesi” – ci ha detto). Ecco cosa ne è scaturito.

Michele Paoletti: Alessia partiamo da un post emblematico nel tuo profilo Facebook del giugno 2019: “La vita ci metterà sempre davanti a due scelte: mollare o provarci. Per fortuna io ho sempre scelto la seconda!!!!” con la foto di te che scavalchi una barriera architettonica della tua città (la scalinata di via Castelfidardo) con la sola forza delle braccia. A vederti oggi si direbbe che hai scelto la seconda ed hai anche vinto…

Alessia Polita: “Sì, ma ci sono arrivata dopo parecchio tempo. Anche prima dell’incidente ho sempre affrontato tutto come una sfida, perciò quando mi si è presentata quella della sedia a rotelle l’ho presa come tale. Dopo anni, anzi dopo 10 anni, sono riuscita a gettarmi tutto alle spalle e ad accettarla cercando di fare il meglio possibile seduta qui sopra. Non nascondo che dietro l’angolo c’è sempre l’incazzatura che fa capolino, ma ora posso dire di essere tornata una persona felice”.

Ventitre anni dopo il duemila, però, sono ancora tante le preclusioni nei confronti dei disabili. Facciamo ancora fatica ad essere davvero inclusivi.

“Rispetto a 10 anni fa, direi che la società a livello mentale s’è aperta, in quanto per molti vedere una persona in sedia non è più un tabù, ma si continua a non fare quasi nulla per aiutarci, lasciando barriere architettoniche ovunque. Perciò mi chiedo: se mentalmente siamo per lo più aperti, perché continuiamo a fare negozi, ristoranti, bar dove una persona con disabilità non riesce ad entrare? Perché spesso il bagno per i disabili è utilizzato come sgabuzzino? Dispiace perché non siamo più un tabù, ma c’è ancora tanto da lavorarci. Già il fatto che io dica ‘siamo’ e ‘siete’ dimostra che ci sono due categorie distinte e questo non va bene”.

E a Jesi com’è la situazione?

Per fartelo capire ti farei fare una passeggiata insieme a me qui, lungo corso Matteotti. Possiamo fermarci al negozio X, io non entro, al negozio Y, non entro, al negozio Z, non entro nemmeno lì. (evitiamo di nominare i negozi che Alessia ci ha elencato chiamandoli per nome, ma basta fare una passeggiata per corso Matteotti e non sarà difficile capire quali sono e che si tratta della gran parte di essi - NdR). A parte pochissime eccezioni, non entro da nessuna parte. Io a Jesi, la mia città, so che posso permettermi di andare solo in pochi posti e siccome a me piace fare shopping da sola, mi spiace dirlo, ma sono costretta ad andare ad Ancona dove riesco a muovermi meglio. A Jesi siamo molto indietro. Inutile dire che ormai la gente s’è aperta ai disabili, se poi questi non possono ancora entrare negli esercizi pubblici”.

Quindi secondo Alessia Polita, Jesi non può ancora considerarsi città a misura di disabile?

No, assolutamente. Apprezziamo la nuova pavimentazione del corso, ma le barriere sono rimaste. Prima di venire qui all’intervista con te, sono andata a fare bancomat… roba da acrobati. Poi io in qualche modo riesco a cavarmela grazie al fatto che sono molto allenata e caparbia, ma in sedia non c’è solo Alessia Polita. Qua in centro non c’è alcun bancomat accessibile a noi. Ce n’è uno in piazza della Repubblica, ma fatto nel punto in cui il marciapiede è senza scivoli e ci sono delle ringhiere. Quindi se mi chiedi se Jesi è accessibile, ti devo a malincuore rispondere che per l’80% dei casi almeno non lo è ancora”.

Domani ti svegli e sei sindaco di Jesi. Cosa fai come prima cosa?

Lasciando perdere il problema delle barriere di cui abbiamo parlato, Jesi ha un problema enorme con le ciclabili secondo me, che devono essere posti sicuri dove circolare con la bici e con la sedia a rotelle. La nostra città può essere vissuta soltanto con la macchina, problema per altro anche per la lotta all’inquinamento. Io ho girato molto e devo dirti che le buche per strada sono patrimonio nazionale, ma qui è rischioso farsi un giro anche in bici o con la sedia. Quelle che sono state fatte recentemente presentano troppe interruzioni, con passaggi in incroci con la strada normale dove rischi la vita. Sembrano quasi fatte senza un criterio, tanto per dire che le abbiamo fatte. Se poi ci aggiungiamo anche che alcuni le scambiano per aree di sosta…”.

Fa un po’ strano sentirti parlare così di Jesi, tu che con i social e il tuo essere senza filtri sei diventata, grazie ai social, una sort di ambasciatrice anche della “jesinità”…

“Non fraintendetemi: io stravedo per Jesi! E, forse, a modo mio un po’ ambasciatrice di Jesi lo sono. Un’ambasciatrice che non viene ascoltata però. E’ un po’ come un fidanzato che ami, ma che ti tradisce. E’ vero che fatto anche molte polemiche sui social, ma prima ho sempre parlato con chi di dovere in modo civile, purtroppo senza arrivare a nulla. L’ultima è stata quella, ormai celebre, sui parcheggi per i disabili che sono spesso occupati da chi non ha il contrassegno, grazie ai quali ho anche preso una multa, giusta, perché sono stata costretta a parcheggiare in un posto dove non potevo”.

Ma davvero nessuno ha mai preso in considerazione le tue istanze?

Poco. Ogni volta che faccio una polemica su un problema oggettivo, non riesco a ottenere nulla di concreto. Ero stata convocata dalla precedente amministrazione alla quale avevo chiesto una mano per far qualcosa per gli sportelli bancomat prima che iniziassero i lavori per il restyling del corso, ma sono passati anni e i lavori sono stati ultimati: risultati zero. Se altre città li hanno ottenuti, perché la mia no? Anche con Lorenzo (l’attuale sindaco Fiordelmondo - NdR) ho avuto un bel confronto prima delle elezioni, ma poi non ho più sentito nessuno. Mi auguro che qualche spunto lo abbia preso da quello che ci siamo detti, ma per il momento non ho notato differenze con chi lo ha preceduto. Io non lo dico solo per me, ma per tutti coloro che hanno difficoltà. Prendi ad esempio i non vedenti: almeno lungo il Corso non sarebbe stato il caso di prevedere un percorso guidato anche per loro, dato che c’era la possibilità avendo rifatto tutto il manto stradale? Tutto questo non ci toglie solo la possibilità di muoverci, ma anche la dignità”.

Cambiamo discorso, parliamo di Alessia sportiva. Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?

La Alessia che vedete ora, che sta bene con se stessa, è maturata negli ultimi tre anni, anche grazie allo sport. Avere degli obiettivi agonistici, nonostante fossi ko mentalmente, mi ha aiutata a venirne fuori. Io venivo dal motociclismo, nel quale mi nutrivo di adrenalina e trovare qualcosa di simile ora era difficile. Ho provato con lo sci, ma aveva dei costi esorbitanti e l’ho dovuto mollare. Adesso, grazie ad Obiettivo 3, il gruppo creato da Alex Zanardi, sto facendo handbike. Lo scorso anno ho fatto una gara per iniziare, mentre quest’anno farò tutto il campionato. Anzi, mi sento di ringraziare Zanardi, che nonostante la sua assenza continua a fare del bene, dando l’opportunità col suo gruppo agli atleti rimasti invalidi di ripartire. Lui sapeva bene che fare sport per noi è costosissimo e quindi, dopo un reclutamento, aiuta tramite Obiettivo3 gli atleti che vogliono fare agonismo, mettendo a disposizione i mezzi per andare avanti. Grazie a loro ho potuto fare anche un po’ di sci a Cortina e Sauze d’Olux (e marzo andremo anche a Courmayeur). Rimane la mia vera passione, che mi riavvicina a quello che provavo in moto, ma l’obiettivo ora è il paraciclismo”.

Cosa cerchi nello sport?

A differenza dell’Alessia di prima, adesso cerco il benessere mentale e fisico. Una volta ero proprio accanita nel voler vincere per forza. Oggi l’unica cosa che voglio vincere è la mia serenità, perché ogni giorno che ho davanti è un regalo. La fame che avevo da normodotata è passata in secondo piano, poi lo ammetto: se arrivo seconda mi incazzo lo stesso…”.

La Treccani ha aggiunto un nuovo significato al termine paralimpico: “ogni persona con disabilità che pratica sport”, non solo quindi gli atleti che partecipano alle Paralimpiadi. Questa apertura mette al centro la persona che fa sport, non solo le competizioni a loro riservate. Questa cosa è un avvicinamento allo sport dei “normali”?

No! Finchè non faranno le paralimpiadi insieme alle olimpiadi, ci sarà sempre una barriera. Ci saranno sempre due categorie: dei normodotati e di quelli con disabilità. Quindi saremo sempre tenuti in secondo piano, col budget delle vincite è dimezzato, ecc. Quindi no”.

Hai dichiarato che una delle cose per cui vai in estasi è “preparare una valigia” e “essere su un’autostrada”…

E’ vero (ride)! Ho sempre viaggiato. Fino al 2013 Jesi era solo un punto di appoggio perché viaggiavo sempre. A me la cosa che ha fatto soffrire più di tutti dell’essere rimasta in sedia è stata proprio questa: essere statica. Con questa staticità, all’inizio mi sembrava di fare una vita quasi inutile. Preferisco sempre avere movimento, prendere e partite, essere in movimento, tornare, avere ricordi, cartoline nella mia mente. Stare in autostrada per me significa andare da qualche parte a raccogliere un’emozione nuova”.

Com’è andato il tuo libro? (“Ride Through” uscito nel 2021)

Sono stata una stupida (per la verità usa un termine ancor più colorito… NdR), perché non l’ho pubblicizzato per niente! Io non so vendere Alessia. Sarei dovuta andare nelle librerie, sui social, fare presentazioni… non ho fatto niente di tutto ciò. Non ci riesco. Dovrei trovare un social media manager, ma ancora non l’ho fatto. E’ un peccato perché nonostante lo abbia scritto da sola, mi dicono che è bellissimo e scorre molto bene. Ma non importa, perché è servito molto a me. C’è dentro il percorso interiore che ho fatto lungo i primi 7 anni della mia nuova vita. Mi dispiace perché, nonostante tutti i casini che ho avuto nella mia vita, e sono stati tanti anche prima dell’incidente (pochi sanno infatti che io sono stata molto male anche da piccola), è un libro molto positivo che dà tanta carica”.

Ma dove si trova?

Si compra su Amazon. Non l’ho voluto dare a nessun editore, nonostante abbia avuto offerte, perché dentro c’è la mia vita e la mia sofferenza, non racconto una favola. I diritti quindi sono i miei e non li ho voluti cedere, non mi importava dei soldi”.

Sei fidanzata?

Questo è il tasto dolente. No, mi sono lasciata col mio ex del prima e dopo incidente ed è stato lì il vero K.O. che ho vissuto. Sono single da due anni e mezzo ed adesso sono felice di essere sola perché, dopo 8 anni, ho potuto dedicarmi a me stessa e basta. Per 8 anni sono stata come uno ‘zombie’. Ora sono molto serena e senza vergognarmi posso dire di aver chiesto aiuto. Non c’è nulla di male in fondo”.

Ma a fare una famiglia ci pensi?

Certo che sì, ma prima di affiancarmi a qualcuno dovevo cercare io la mia quiete. Quando sarò più predisposta son sicura arriverà da se. Io avrei sempre voluto tre figli, ma l’orologio biologico va avanti ed quest’anno faccio 38 anni. Vediamo, se vengono bene, in caso contrario sono disposta anche a stare da sola, non mi affiancherei ad una persona solo per omologarmi alla società”.

Segui il mondiale moto GP?

Ovvio. Non tanto come prima, però sì

Per chi tifi?

Amando il motociclismo non sono una fan di nessuno, mi piace qualcosa di ognuno. Ma Marc Marquez, per chi segue le moto in modo obiettivo, non può non affascinarti: lui guida sempre col cuore, sfidando l’impossibile, andando sopra ogni cosa. S’è anche rovinato il fisico per tornare in pista”.

A dicembre però ha anche dichiarato che Pecco Bagnaia ha vinto perché aveva la moto più forte, non perché era il migliore…

Sul fatto che la Ducati sia la moto da battere non c’è dubbio. Poi noi siamo abituati a Marquez che fa la differenza lui, come pilota, con la Honda. Pecco ha una guida diversa, che incappa in pochi errori e guida con la testa. Per vincere un mondiale c’è bisogno di pilota, team e moto. E Pecco le aveva tutte e tre”.

Pensi che nel 2015 Marquez abbia giocato poco pulito per togliere quello che sarebbe stato l’ultimo moto mondiale a Valentino Rossi favorendo Lorenzo?

“Ad anni di distanza penso ancora che nessuno ha tolto niente a nessuno. Se non a ‘qualcuno’… l’orgoglio”.

Chi vincerà quest’anno?

Ovvio che mi piacerebbe fosse Marquez, ma tifo sempre per gli italiani e vorrei fosse l’anno di Enea Bastianini”.

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Questa è un'intervista pubblicata il 26-02-2023 alle 10:54 sul giornale del 27 febbraio 2023 - 9984 letture

In questo articolo si parla di attualità, jesi, intervista, Michele Paoletti

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