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Allevamenti intensivi, il convegno al Circolo Cittadino fa il pieno. Giulia Innocenzi: “Leggi e regole volutamente ambigue”

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di Michele Paoletti
redazione@viverejesi.it


Grande successo partecipativo venerdì sera per il convegno promosso dal Comitato per la Vallesina sugli allevamenti intensivi, con particolare riferimento a quelli avicunicoli presenti in Vallesina.

La sala del Lampadario del Circolo Cittadino di Jesi era infatti gremita da circa 300 persone, non solo residenti delle zone interessate dai forti odori che si sprigionano dai capannoni, ma anche da zone urbane della città. I relatori Carmen Di Lauro (deputata M5S), Eleonora Ivi (deputata Verdi), Giulia Innocenzi (redattrice “Report” Rai3), Mauro Coltorti (portavoce M5S Jesi ed ex presidente commissione trasporti del Senato), moderati dalla giornalista Luisana Gaita (Il Fatto Quotidiano), si sono confrontati su “opportunità e rischi” degli allenamenti intensivi, con particolare riferimento ai numerosi presenti in Vallesina e soprattutto nel comune di Jesi dove, è stato ricordato in apertura dal presidente del Comitato Andrea Tesei, “ci sono 6 milioni di polli l’anno, che significa 150 ogni abitante, contro i 6 per abitante della media nazionale”.

Grandi assenti le Istituzioni competenti, fatta eccezione del sindaco di Jesi, Lorenzo Fiordelmondo, che è intervenuto ed ha accettato il confronto con relatori ed pubblico (in alcuni passaggi anche aspro), motivando alcune prese di posizione della sua Amministrazione circa le istanze avanzate dal “Comitato per la Vallesina”, che spesso lo ha tirato in ballo accusandolo di non aver fatto abbastanza in questo ultimo anno come avvenuto per il suo predecessore Bacci. Grandi assenti, invece, l’Assessore all’agricoltura Antonini della Lega (“unico ad aver risposto all’invito con un diniego per impegni preesistenti”), il presidente della Regione Acquaroli e, “ancor più grave” (ha commentato Tesei riferendo dei dinieghi) il direttore dell’Arpam Marche “che sono stati invitati a partecipare al confronto e che non si sono degnati nemmeno di un cenno di risposta”. Chi invece non è mancato sono gli altri comitati costituitisi in giro per il Paese per motivazioni identiche, ovvero per fare valere le ragioni dei cittadini contro i pesanti impatti sul territorio e sulla salute della gente di questo tipo di allevamenti, provenienti da Viterbo, Cuneo e dall’Emilia Romagna.

Due ore e mezza di confronto e dibattito, che hanno tirato in ballo, come era facilmente intuibile, gli allevamenti dei polli dell’azienda Fileni in Vallesina “che in pochi anni ha riempito di allevamenti intensivi la Vallesina, dove oggi vengono allevati qualcosa come 25 milioni di polli l’anno”. Come è normale, l’unica figura amministrativa presente, il sindaco Fiordelmondo, ha dovuto parare le critiche e le richieste di chiarimento arrivategli durante tutta la prima parte del confronto, ribadendo per altro con fermezza e senza demagogiche posizioni i propri punti di vista sulla questione sostenuti negli ultimi 14 mesi: il cercare un tavolo di confronto cittadini-azienda e l’impossibilità di imporre vincoli alla ditta senza l’avallo dei dati e le prescrizioni di delle Autorità sanitarie. “Che le produzioni odorigine ci siano – ha ammesso il sindaco – è oggettivo. Ma i rischi per la salute che ho potuto riscontrare, interpellando più volte le Autorità sanitarie locali, non ci sono. Quindi, le condizioni per applicare delle prescrizioni che potrei imporre in quanto primo responsabile della salute pubblica della popolazione sul territorio – ha detto perentorio –, non sussistono ed io non le applico”. Il primo cittadino di Jesi ha inoltre ammonito sull’opportunità di adottare misure di muro contro muro contro l’Azienda di Cingoli da parte dei cittadini e dell’Istituzione che rappresenta: “Bisogna valutare tutti i pro ed i contro. Parliamo di un’azienda che dà lavoro a molti cittadini di Jesi e non solo e se dovesse venir meno si innescherebbe una vera e propria ‘bomba sociale’”. E’ il passaggio che è piaciuto meno alla platea, la quale lo ha sottolineato con un brusio di disapprovazione, bollato come “ricatto occupazionale”.

Il problema intorno al quale si sono sviluppate gran parte delle discussioni è stato proprio quello delle “maglie larghe delle leggi vigenti”. “Le leggi sono scritte appositamente in modo ambiguo – ha osservato la giornalista Giulia Innocenzi – per mettere in difficoltà chi deve fare i controlli, i quali sono i quali sono spesso costretti a fidarsi di quanto dichiarato dagli allevatori”. L’esempio portato dalla Innocenzi ha riguardato proprio il protocollo del Biologico, oggetto di gran parte del servizio sul Bio della Fileni mandato in onda da Report a gennaio scorso: “La Legge sul Bio prevede che il pollo passi a terra 1/3 della propria vita. Ma un terzo di cosa? Della giornata? Un giorno intero ogni tre? Un mese sempre fuori e tre dentro? Come si fa a controllare una cosa scritta in modo così ambiguo?” Ed ancora sui controlli: “Il problema dei controlli in Italia è che spesso, specie nel settore alimentare, non ci sono controllori ‘terzi’ e il controllore è pagato o legato da interessi col controllato”.

In definitiva, un appuntamento che forse ha segnato uno spartiacque per l’avvio di un confronto serio, che veda come attori anche i cittadini, sugli allevamenti intensivi “un argomento che per molti anni è stato un tabù – si leggeva nel volantino del convegno – ma che recentemente anima il dibattito nazionale ed europeo”.

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